QUADRO NORMATIVO ED OPERATIVITA DEL DEPOSITO TEMPORANEO DEI RIFIUTI a cura dell'Ing. Mozzillo Antonio

Estratto normativo:
➢ L’art. 183, comma 1, lett. bb), del D.L.vo n. 152/2006


Inquadramento normativo

L’art. 183, comma 1, lett. bb), del D.L.vo n. 152/2006, definisce il deposito temporaneo come“il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti alle seguenti condizioni:

• i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno.

Innanzitutto, è opportuno rammentare che il deposito temporaneo dei rifiuti presso il luogo ove sono stati prodotti non richiede un’autorizzazione preventiva a condizione che avvenga nel rispetto di determinati limiti temporali o quantitativi posti dall’art. 183 e solo a partire da quest’ultima si può iniziare a parlare di “gestione” di rifiuti che, come tale, deve essere autorizzata.

L’osservanza delle condizioni previste dalla legge per il deposito temporaneo, peraltro, solleva il produttore da alcuni obblighi: ai sensi del comma 17 dell’art. 208[8] del già citato D.L.vo n. 152/2006, infatti, le norme in materia di autorizzazione non si applicano al deposito temporaneo, fermi restanti l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico ed il divieto di miscelazione.

Con riferimento, alle responsabilità discendenti dall’esercizio del deposito temporaneo, abbiamo già più volte ribadito quanto espresso anche dalla sentenza n. 49911 del 30 dicembre 2009 della Cassazione Penale, e cioè che la mancanza anche di una sola delle prescrizioni di cui all’art. 183 (lett. bb), potrebbe integrare una delle fattispecie penali di cui al richiamato art. 256, D.L.vo 152/2006.

In particolare, come ben espresso dalla medesima sentenza:

• il deposito deve essere considerato deposito preliminare, se il collocamento di rifiuti è prodromico ad una operazione di smaltimento, messa in riserva, se il materiale è in attesa di una operazione di recupero; in entrambi i casi si tratta di forme di gestione che, in assenza di autorizzazione, sono sanzionate dal comma 1 dell’art. 256:

1. con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

2. con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

• il deposito diventa incontrollato o abbandono (vietato dall’art. 192) quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero.


Precisamente, l’art. 255 punisce chiunque abbandona o deposita rifiuti, ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee, con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro (la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi); mentre l’art. 256, comma 2, stabilisce che “le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2”;

• il deposito è qualificabile, infine, come discarica abusiva quando l’abbandono dei rifiuti è reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi, cui si applica, ai sensi del terzo comma dell’art. 256, la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi.