LEGGE GREEN ECONOMY: CHE PASTICCIO SUI ROTTAMI FERROSI
Con i suoi 23,7 milioni di tonnellate di acciaio prodotte nel 2014 (dati Federacciai), l’industria siderurgica italiana si è piazzata al secondo posto in Europa, preceduta solo dalla Germania. Com’è stato possibile, visto che i nostri cugini teutonici possono disporre di notevoli giacimenti di minerale di ferro e noi, invece, di materie prime siamo così poveri che lo sanno anche i muri? La risposta è: grazie ai rifiuti. L’acciaio, infatti, è riciclabile al 100%. Questo significa che la filiera può essere alimentata quasi interamente dai soli scarti. La siderurgia italiana, nello specifico, si regge proprio sul flusso di rottami ferrosi che ogni anno finisce nelle fornaci elettriche da nord a sud del Paese. Cosa che fa dei rottami una merce ambita. Anche da chi è disposto a tutto pur di procurarsela e metterla sul mercato. Secondo stime dell’Airmet (Associazione Italiana Recuperatori Metalli), ogni anno in Italia 6 milioni di tonnellate di rottami metallici (circa il 30-35% del rottame conferito agli impianti di recupero) sono raccolti in forma ambulante. Da robivecchi e svuotacantine, certo, ma anche da chi, dietro queste due attività, nasconde pratiche illecite sotto il profilo fiscale ed ambientale. Come la raccolta non autorizzata, lo smantellamento e infine la vendita sul mercato parallelo dei rottami derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, ad esempio. Imprese poco trasparenti o gruppi di individui senza scrupolo alcuno, se non quello di realizzare un rapido e non tassabile profitto, prendono in carico per quattro soldi rifiuti elettrici che i produttori non vogliono (o non possono, avendoli prodotti in regime di evasione fiscale) smaltire correttamente. Li ‘cannibalizzano’ delle loro componenti più preziose (rame e metalli) spesso dandoli alle fiamme, e poi smaltiscono quel che resta in discariche abusive. La ‘Terra dei Fuochi’ è servita. Entrerà in vigore domani l’ex collegato ambientale alla Legge di Stabilità 2014, meglio noto con il nome di legge sulla ‘Green Economy’, approvata lo scorso 22 dicembre a Montecitorio. Una legge salutata dai più come la ‘svolta verde’ che l’Italia stava da tempo aspettando. Tra le tante misure in materia di gestione dei rifiuti (ecotassa, sostegno alla raccolta differenziata, incentivi per i prodotti da materia riciclata) ce n’è però una che, così com’è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, potrebbe mettere in crisi proprio il settore del recupero dei rottami ferrosi e non ferrosi. Nel tentativo di arginare il commercio illegale di questa particolare frazione di rifiuto, il legislatore rischia di combinare un vero e proprio pasticcio. Vediamo perchè. L’articolo 30 della legge reca misure in materia di ‘Raccolta e trattamento dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi’ e modifica l’articolo 188 del Codice dell’Ambiente, il decreto legislativo 152 del 2006. Nel dispositivo, oltre a sancire che raccolta e trasporto dei rottami ferrosi e non ferrosi sono attività che non possono essere svolte in forma ambulante (gli ‘apecar’ stracolmi di ferraglia sono ufficialmente fuorilegge) si precisa che ‘il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate‘. Fin qui tutto bene. Solo le imprese iscritte all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali possono infatti operare nel campo della raccolta ed avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti. Il vero problema invece viene fuori continuando nella lettura del dispositivo. Per il legislatore, infatti, tra le imprese autorizzate, quelle cioè cui il produttore o detentore deve fisicamente consegnare i rifiuti, figurano anche quelle deputate alla ‘bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti’, così come ‘un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti’. In tutti e tre i casi il legislatore rischia di propiziare un vero e proprio illecito, amministrativo ed ambientale. Come potrebbe infatti un’impresa iscritta all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali nella categoria riservata agli operatori delle bonifiche occuparsi di raccogliere e trasportare a trattamento i rottami ferrosi? Le due attività hanno ben pochi punti di contatto e non è detto che i bonificatori posseggano le autorizzazioni necessarie o i mezzi (scarrabili per la raccolta ed aree di stoccaggio per il deposito dei rifiuti, ad esempio) sufficienti ad effettuare operazioni di raccolta e trasporto. Peggio ancora per le imprese iscritte nella categoria del ‘commercio ed intermediazione senza detenzione': quel ‘senza detenzione’ significa proprio che per questo tipo d’impresa l’ipotesi di una presa in consegna dei rifiuti – di qualunque tipo essi siano – è fisicamente e giuridicamente da escludersi. Il legislatore, però, sembra essersene dimenticato. Ma non è tutto. Oltre alle imprese di bonifica ed intermediazione, al produttore di rifiuti in rame, ferrosi e non ferrosi, la nuova legge riconosce la possibilità di consegnare gli stessi anche ad ‘un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti’, provvedendo egli stesso – sembra suggerire il legislatore – alle operazioni di raccolta e trasporto. Anche se, per farlo, il produttore iniziale dovrebbe disporre di autorizzazioni e mezzi che, in realtà, non ha. Le disposizioni contenute nell’articolo 30 rischiano insomma di mettere a subbuglio l’intero comparto del recupero dei rottami ferrosi, scatenando un vero e proprio caos burocratico o, peggio ancora, aprendo pericolosi spiragli a traffici e smaltimenti illeciti. Triste ironia, per una legge che invece puntava a sortire l’effetto opposto. «Siamo alla ‘barbarie legislativa’. È il legislatore che scrive le normative sulla salvaguardia dell’ambiente ad essere, ora più che mai, colpevole di inquinare l’ambiente – denuncia Nicola Grillo, ingegnere ambientale e presidente di Airmet – nel momento in cui ci si adopera per incentivare e semplificare il riutilizzo/riciclaggio di tutti quei materiali che hanno un valore economico positivo certo, sembra che per i metalli si vada nella direzione opposta. Cui prodest?»